gli amerigani non sono poi così matti (in realtà lo sono), è che sono proprio di un altro mondo.
Non lo scopri in quello che ti arriva via tv o via sentito dire, perché poi le domande non te le fai e lasci correre. Ma quando le stranezze te le vedi davanti, non puoi non
chiederti robe tipo: perché alla Coop comprano il ghiaccio? Non possono farselo a casa nel
freezer? Perché mettono secchiate di zucchero nel sugo? Perchè mandano l’aria
condizionata in modalità Novosibirsk? Perché non hanno le tapparelle? Perché quando si gela girano in canottiera, infradito e calzoncini?
Risposte cumulative: perché a loro
piace così. Come facciano a sopravvivere è il vero mistero.
L’America quotidiana, quella che
dall’Italia non si vede, è fatta di vecchi pali della luce in legno dove si
sente l’energia elettrica passarci attraverso come uno sciame di mille zanzare
metalliche, è fatta di puzzole in giardino che non sono per niente come le
dipingono (se ne stanno buone lì, mangiucchiano quiete e indisturbate), è fatta
di gente che non conosci ma che ti saluta sempre per strada con un good morning
strascicato (“mrnig”), è fatto di lavori lì per lì pagati cash, di jeepponi
enormi che per salirci sopra devi essere Messner ma che si fermano sempre se
devi attraversare la strada. La provincia amerigana è fatta di bus gratis con
dentro la radiotrasmittente cb a banda cittadina, di prezzi che non sono mai
quelli sul cartellino del negozio (sovrattassa alla cassa, ciccio), è fatta di
una notte buia che più nera non si può e del bianco accecante di casette sull’oceano;
è fatta anche di lavandini dove l’acqua fredda è solo fresca e quella calda è
ustionante. Ci si può informare quanto si vuole prima di partire per gli Usa ma
resta il fatto che non si arriva mai preparati in America: non
puoi immaginare, ad esempio, di non trovarci odori. L’America è inodore.
Comunque ho capito che la
scoperta dell’America non dipende dalle miglia percorse in automobile o dal
numero degli Stati visitati, ma dai dettagli, dice il buon vecchio Servegnini.
Bon, direi che l’ho scoperta abbastanza. Magari la prossima volta la visito.
Tra qualche anno però, eh?